La sentenza n. 10506/2017, con cui la terza sezione della Cassazione si è pronunciata, in materia di responsabilità medica, sulla validità della clausola claims made in relazione alle cosiddette “richieste postume”, costituisce un utile motivo di riflessione per le ipotesi di coinvolgimento in giudizio delle Compagnie Assicurative in relazione alla peculiare tipologia della polizza cosiddetta claims made (letteralmente “a richiesta fatta”) .
Può accadere non di rado che una richiesta di risarcimento, per danno da responsabilità del medico o della struttura sanitaria, venga avanzata a distanza di molti anni (se non decenni) dalla data in cui si è svolta la relativa prestazione.
Qualora la polizza assicurativa stipulata da una struttura sanitaria contempli una clausola di esclusione riguardo la risarcibilità del danno (c.d. clausola claims made mista o impura), nell’eventualità in cui il danneggiato presenti la relativa richiesta successivamente alla scadenza del periodo di copertura, si verificherebbe non un caso di vessatorietà, come chiarito dalle Sezioni unite ripetutamente, ma, in relazione al risultato concreto raggiunto, un giudizio di non meritevolezza dell’accordo secondo il dettato dell’art. 1322 c.c.: ciò in quanto la clausola non sarebbe diretta a “…realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Il fatto sotteso alla pronuncia in esame riguarda un giudizio proposto da un paziente avverso l’azienda ospedaliera ove era stato curato, nel quale era richiesto a quest’ultima il risarcimento del danno in conseguenza di un intervento chirurgico assunto come imperitamente eseguito. L’Azienda si costituiva in giudizio chiamando in garanzia la propria Assicurazione circa la responsabilità civile, ma questa contestò che il contratto escludeva la garanzia per i fatti illeciti commessi dall’assicurato, anche durante la vigenza del contratto, ove la domanda di risarcimento proveniente dal terzo fosse pervenuta all’assicurato dopo la scadenza del periodo di assicurazione. Il Tribunale rigettò la domanda di garanzia, ma la Corte di Appello la accolse, pertanto la Compagnia assicuratrice ricorreva in Cassazione.
Il principio di diritto formulato dalla Corte nella predetta sentenza sentenza n° 10506 del 28/04/2017 stabilisce che la clausola in questione “… inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell’articolo 1322 c.c., comma 2, in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione”.
Infatti, attraverso l’utilizzo di strumenti in sé e per sé leciti, si perverrebbe a risultati addirittura paradossali in ordine alle conseguenze per l’assicurato, dal momento che la clausola configurata come sopra farebbe discendere l’obbligo della prestazione in capo all’assicuratore “… non solo da un evento futuro ed incerto ascrivibile a colpa dell’assicurato, ma altresì da un ulteriore evento futuro ed incerto dipendente dalla volonta’ del terzo danneggiato: la richiesta di risarcimento”. E ciò con buona pace del principio informatore alla base del concetto stesso di contratto di assicurazione.
La sentenza in questione risulta assumere particolarmente rilievo anche per quanto riguarda gli eventuali riflessi in altri settori professionali, in primis l’ambito forense, soprattutto in seguito all’introduzione dei nuovi precetti in materia di assicurazione obbligatoria.