L’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma il 20 luglio 2022 (Giudice Landi) costituisce un vero e proprio monito per chiunque commercializzi beni “virtuali” e perciò ritenga, in qualche modo, di potersi sottrarre all’osservanza di norme e regolamenti.
La ricorrente Juventus contestava alla resistente Blockeras S.r.l. una “… condotta di contraffazione del marchio e di concorrenza sleale consistita nell’uso non autorizzato dei suddetti marchi denominativi o figurativi tramite la produzione, commercializzazione e promozione on line delle carte da gioco digitali NFT (“non fungibile token”), in quanto riportanti la figura dell’ex giocatore Christian (Bobo) Vieri con la maglia della Juventus e l’indicazione della squadra”.
La Blockeras eccepiva, oltre al proprio diritto di utilizzare e porre in vendita le medesime cards virtuali, che “… i marchi oggetto di tutela non risultavano registrati nella categoria inerente i prodotti virtuali downloadabili”.
La questione, all’apparenza implicante connotati di novità in ambito commerciale, è stata affrontata dal Tribunale facendo uso di principi giuridici consolidati.
Assodate la titolarità e la notorietà dei marchi oggetto della vicenda, il Giudicante, rilevata l’entità non indifferente degli scambi (comprendendo anche le successive transazioni sul mercato dell’usato, per così dire, da cui la Blockeras ricavava un’ulteriore introito) ha accertato che “a prescindere dalle caratteristiche telematiche delle Cards in questione, la società resistente, con la creazione di dette Cards e la loro commercializzazione, oltre ad utilizzare l’immagine del giocatore Bobo Vieri nei limiti del contratto di utilizzazione dell’immagine stipulato con la società che ne gestisce i diritti di immagine, ha utilizzato senza autorizzazione anche i marchi della società Juventus”. Né la condotta della resistente poteva rientrare nell’ambito dell’art. 97 della legge sul diritto d’autore (interesse alla pubblicazione per scopi didattici o scientifici, o di pubblica informazione), in quanto “… come emerge dagli atti e dalla stessa presentazione del progetto operato dalla parte resistente, l’operazione delle creazioni e vendita di dette Cards ha esclusivi fini commerciali”.
Inoltre, “la circostanza che Bobo Vieri abbia effettivamente giocato nella Juventus e che questi abbia concesso l’autorizzazione all’utilizzo della propria immagine tramite la creazione di Cards che riproducevano il giocatore con le diverse maglie delle squadre in cui ha giocato non escludono, quindi, la necessità di chiedere l’autorizzazione dell’utilizzo dei marchi registrati inerenti le squadre di cui sono riprodotte le maglie e la denominazione, in quanto si tratta di beni destinati alla vendita commerciale, in relazione alle quali anche la fama delle diverse squadre in cui il calciatore ha giocato contribuiscono a dare valore all’immagine digitale da acquistare”.
D’altra parte anche la Juventus, in collaborazione con altra società, ha fatto il suo ingresso “… nel settore dei crypto game, o blockchain game, ossia videogiochi online che si basano su tecnologie blockchain e sull’utilizzo di criptovalute e/o di non fungible tokens (NFT)”.
Dunque, alla luce delle prescrizioni di legge in materia, il Tribunale non poteva che pronunciarsi a favore della ricorrente, rilevando come: a) le condotte della Blockeras configurino “… una contraffazione dei marchi in oggetto concretizzando il rischio di confusione, determinato dalla identità dei segni utilizzati tale da poter indurre in errore il pubblico circa la sussistenza di un particolare legame commerciale o di gruppo tra la società resistente e la società Juventus titolare del marchio”; b) “operando la società Juventus anche nel settore commerciale in parola ed essendo i marchi in questione registrati per categorie ricomprendenti anche detto tipo di attività, la condotta della società resistente integri anche una ipotesi di concorrenza sleale in conseguenza dell’uso non autorizzato di marchi altrui (funzione distintiva del marchio) e dell’appropriazione dei pregi collegati ai marchi utilizzati (funzione attrattiva del marchio); c) infine, tali comportamenti “… arrechino un pericolo di danno sia in relazione alla possibile volgarizzazione del marchio che in relazione alla lesione dei diritti di sfruttamento del marchio medesimo, provocando un danno con obbiettive difficoltà di quantificazione”.
Ad ulteriore precisazione, il Giudicante rammenta che “… in materia di proprietà industriale, il pericolo consiste in ogni rischio di pregiudizio, anche meramente patrimoniale, che sia suscettibile di espansione o non agevolmente quantificabile e che detto pericolo non dipende dal numero di prodotti commercializzati o dall’interruzione della vendita degli stessi, potendo detta attività di commercializzazione riprendere ed aumentare”.
Pertanto, è stato fatto divieto alla ricorrente di proseguire nella commercializzazione dei suddetti beni digitali, disponendosi altresì una penale per ogni giorno di ritardo nell’adempiere.