In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha richiamato l’attenzione sulla fatto che “L’abuso dei mezzi di comunicazione e degli strumenti di partecipazione sociale messi a disposizione dalla Rete costituisce un fenomeno crescente e preoccupante”. Ha inoltre aggiunto che “Da un lato è violato il diritto della collettività ad essere informata in maniera corretta, dall’altro sono messi in moto meccanismi di diffusione sociale delle notizie che possono arrecare, anche inconsapevolmente, danni a soggetti terzi. Il fenomeno può essere contrastato validamente, oltre che con le tradizionali forme di tutela giudiziaria, con la prevenzione, contrastando l’abuso prima che si realizzi il danno. Deve, pertanto, aumentare la consapevolezza degli utenti circa i pericoli della disinformazione e deve incrementarsi mediante un appropriato monitoraggio la conoscenza delle fonti di abuso”.
E’ ormai spropositata, purtroppo, la quantità non soltanto di informazioni, ma di materiale (soprattutto videoriprese) a contenuto sessuale diffusi sul web da ex-fidanzati o coniugi che decidono di “vendicarsi” in tal modo di presunti torti subiti. In particolare, con riferimento al suicidio di una giovane donna, avvenuto nel 2016, si consideri che la procedura per ottenere la rimozione da Facebook dei contenuti postati su quella piattaforma non è stata di semplice né rapida attuazione, né ad oggi è possibile affermare con sicurezza che il video, la cui diffusione era all’origine della tragedia, sia stato completamente rimosso dalla rete internet.
In proposito appare particolarmente significativo il dato per cui sempre più spesso la diffusione di foto ed informazioni personali relative a minori avviene ad opera dei genitori stessi, scarsamente consapevoli (quando non del tutto ignari) delle conseguenze pratiche, ancor prima che giuridiche, di un uso non accorto dei moderni strumenti di “condivisione”.
Proprio di recente il Tribunale di Mantova, con ordinanza del 19 settembre 2017, ha ingiunto ad un genitore di “… non inserire le foto dei figli sui social network …” nonché “… di provvedere, immediatamente, alla rimozione di tutte quelle da essa inserite …”.
Ha ritenuto infatti il giudicante che “… l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che “taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia”. Inoltre, “… il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l’ordine di inibitoria e di rimozione va impartito immediatamente”.
Anche il Tribunale di Roma – sez. I civile – con ordinanza del 23 dicembre 2017 ha analogamente provveduto ad inibire la diffusione di immagini ed informazioni da parte di un genitore, disponendo altresì che si procedesse alla “… richiesta di deindicizzazione dai motori di ricerca e alla diffida anche a terzi di astenersi dalla diffusione e di procedere alla cancellazione dai social network delle immagini, delle informazioni e di ogni dato relativo al minore …”.
Va sottolineato come, pur in assenza di una specifica prescrizione normativa, la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (emanata nel 1989 e ratificata in Italia con Legge 27 maggio 1991, n. 176) ha affermato nell’art. 16 il principio secondo cui: ” 1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”.
In ogni caso, si deve tener presente che la rimozione definitiva di un documento “postato” su un qualunque sito internet può rivelarsi di estrema difficoltà, se non addirittura soltanto teorica, soprattutto qualora si tratti del cosiddetto “dark web”, ritenendosi pertanto come da un lato sia necessario acquisire una diversa e matura consapevolezza dell’uso di questi strumenti tecnologici i quali, troppo spesso, sono oggi utilizzati con fini pericolosi ed in diversi casi ad alto rischio per l’incolumità psico-fisica delle persone. Dall’altro come debbano necessariamente studiarsi ed applicarsi opportune soluzioni tecniche che possano realmente inibire la presenza di contenuti dannosi sul web.